indovinello veronese

Qualche giorno fa ho visitato un luogo straordinario: la Biblioteca Capitolare di Verona, la più antica biblioteca al mondo ancora attiva. Tra manoscritti millenari e codici miniati, mi sono imbattuto in un testo che chiunque ami le parole dovrebbe conoscere: l’Indovinello Veronese. Breve, misterioso e potentissimo, è considerato la prima testimonianza scritta della lingua volgare, ovvero l’embrione della lingua italiana.

Cos’è l’Indovinello Veronese?

L’Indovinello Veronese è una frase enigmatica, vergata alla fine dell’VIII secolo o all’inizio del IX da un anonimo amanuense. È contenuto in un libro di preghiere arrivato a Verona dalla Spagna e oggi conservato proprio nella Capitolare. In apparenza sembra un esercizio calligrafico, ma in realtà è un testo altamente simbolico, che affascina linguisti e storici da secoli.

Il testo originale è il seguente:

Se pareba boves, alba pratalia araba, albo versorio teneba, negro semen seminaba.

Tradotto in italiano moderno, può suonare così:

“Spingeva i buoi, arava bianchi campi, teneva un aratro bianco e seminava un seme nero.”

Un’allegoria della scrittura

Questa frase è una metafora dell’atto di scrivere: i buoi sono le dita, il campo bianco è la pagina, l’aratro bianco è la penna, il seme nero è l’inchiostro. È sorprendente pensare che in un’epoca in cui il latino era ancora la lingua dominante, qualcuno abbia lasciato un’impronta così poetica e significativa dell’attività di scrittura.

L’Indovinello Veronese, pur contenendo parole latine, mostra elementi linguistici che si discostano dal latino classico. Si tratta quindi di un testo di transizione linguistica, in cui già si intravedono caratteristiche proprie del volgare italiano. Non è più latino, ma nemmeno ancora italiano: è una lingua in divenire, che prende vita proprio in queste righe.

Dove si trova il manoscritto originale?

Il manoscritto che contiene l’Indovinello Veronese è custodito nella Biblioteca Capitolare di Verona, un luogo che trasuda storia in ogni angolo. Fondata oltre 1.500 anni fa, ospita più di 70.000 volumi, tra cui manoscritti antichi, codici miniati e testi fondamentali per la storia del pensiero occidentale.

Durante la visita, il personale mi ha spiegato che non è possibile esporre l’originale dell’Indovinello Veronese per motivi di conservazione. L’inchiostro utilizzato è estremamente fotosensibile e l’esposizione alla luce potrebbe comprometterne la leggibilità. L’originale è quindi conservato in un caveau della biblioteca, ma una copia e un pannello esplicativo permettono ai visitatori di conoscerne la storia.

Un gioco di parole medievale?

Da appassionato di enigmistica, non ho potuto fare a meno di notare quanto l’Indovinello Veronese somigli a una definizione metaforica, un piccolo enigma ante litteram. Chi lo ha scritto ha voluto nascondere il significato dietro un velo poetico, proprio come facciamo oggi con molti giochi di parole. È affascinante pensare che, secoli prima dell’invenzione del cruciverba, già si giocasse con il linguaggio in questo modo.

Perché l’Indovinello Veronese è importante oggi?

L’Indovinello Veronese è molto più di una curiosità filologica. È un documento chiave per comprendere l’evoluzione della lingua italiana, un ponte tra latino e volgare, tra mondo antico e moderno. Leggerlo significa assistere alla nascita della nostra lingua madre, e farlo nel luogo in cui è conservato – la Biblioteca Capitolare – rende l’esperienza ancora più intensa.

Se vi trovate a Verona, non perdete l’occasione di visitare questo scrigno di cultura. Se vi piacciono gli indovinelli, l’Indovinello Veronese vi aspetta per raccontarvi una storia di parole, inchiostro e ingegno.